In Italia circa il 40% dei casi di Hiv è diagnosticato in modo tardivo. A questo va aggiunto un 30% stimato di persone che inconsapevolmente continuano a favorire la trasmissione del virus. I numeri sono allarmanti: sono 4mila all’anno le nuove diagnosi di infezione da Hiv, con un incremento registrato negli ultimi due anni nella fascia d’età tra i 25 e i 29 anni. Obiettivo della Giornata mondiale contro l’Aids è proprio quello di risvegliare la coscienza sull’epidemia planetaria dovuta alla diffusione del virus Hiv.
Sulla malattia c’è molta confusione. C’è chi ancora crede che l’Aids si possa prendere con un bacio o nei bagni pubblici. Soprattutto fra i giovanissimi si continua a usare poco il preservativo. Sarà anche per questo che i nuovi casi di infezione da Hiv sono praticamente stabili in Italia e in Europa, mentre tra i più giovani calano troppo lentamente, come segnalano il Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) e l’Unicef, per la giornata mondiale di lotta all’Aids dell’1 dicembre.
«L’incidenza delle nuove diagnosi di Hiv mostra una leggera diminuzione tra il 2012 e il 2015, con un andamento pressoché stabile dopo il 2015 – si legge -. Nel 2017 l’incidenza maggiore di infezione da Hiv è nella fascia di età 25-29 anni. La modalità di trasmissione principale tra le nuove diagnosi è con i rapporti eterosessuali». Nel 2017, tra le regioni con un numero superiore a un milione e mezzo di abitanti, le incidenze più alte sono state registrate in Lazio, Liguria e Toscana. Circa i casi di Aids, l’osservatorio ne ha censiti 690, pari a 1,1 nuovi casi per 100.000 residenti, in lieve diminuzione negli ultimi anni. Ma a preoccupare sono i giovani.
Nel mondo 3 milioni di bambini e adolescenti sono sieropositivi, e ogni giorno quasi 700 adolescenti tra i 10 e 19 anni diventano sieropositivi. Anche se entro il 2030 il numero di nuovi contagi da Hiv tra i bambini sotto i 10 anni sarà dimezzato, quello tra gli adolescenti calerà solo del 29%. Progressi troppo lenti per l’Unicef, secondo cui da qui al 2030, circa 360.000 adolescenti moriranno per malattie collegate all’Aids, in assenza di investimenti nei programmi di prevenzione, diagnosi e cura dell’Hiv. Una situazione su cui incide anche una percezione del rischio da Hiv ancora molto confusa, una scarsa propensione a ricorrere al test e un mancato uso del profilattico, che tra i giovanissimi può superare il 50%, come segnala la Lega italiana per la lotta con l’aids (Lila).